"Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono le persone. Di bambini ce n’era un’infinità . In quel caldo, in mezzo alle mosche, nella polvere, spuntavano da tutte le parti, nudi del tutto o coperti di stracci. Io non ho mai visto una tale immagine di miseri; eppure sono abituata, è il mio mestiere, a vedere ogni giorno decine di bambini poveri, malati emaltenuti. Ma uno spettacolo come quello di ieri non lo avevo mai neppure immaginato. Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie; le mosche si posavano sugli occhi e quelli pareva che non le sentissero. Sapevo che ce n’era quaggiù, ma vederlo così, nel sudiciume e nella miseria, è un’altra cosa. Altri bambini incontravo coi visini grinzosi come dei vecchi, e scheletriti dalla fame; i capellipieni di pidocchi e di croste. La maggior parte aveva grandi pance gonfie, enormi, e la faccia gialla e patita per la malattia. Le donne che mi vedevano arrivare per le porte, m’invitavano ad entrare e ho visto in quelle grotte scure e puzzolenti, dei bambini sdraiati in terra, sotto le coperte a brandelli che battevano i denti dallefebbre. Altri si trascinavano a stento ridotti pelle e ossa dalla dissenteria. Ne ho visti anche di quelli con le faccine di cera che mi parevano malati di qualcosa di ancor peggio che la malaria, forse qualche malattia tropicale, forse il Kala Azar, la febbre nera. Le donne, magre con dei lattanti denutriti e sporchi attaccati ai seni vizzi, mi salutavano gentili e sconsolate; a me pareva, in quel sole accecante, di essere capitata in mezzo a una città colpita dalla peste. Continuavo a scendere verso il fondo del pozzo, verso la chiesa, e una gran folla di bambini mi seguiva, a pochi passi di distanza, e andava a mano a mano crescendo. Gridavano qualcosa ma io non riuscivo a capire in quel loro dialetto incomprensibile. Continuavo a scendere e quelli m’inseguivano e non cessavanodi chiamarmi. Pensai che volessero l’elemosina e mi fermai, allora soltanto distinsi le parole che quelli gridavano ormai in coro: Signorina, dammi ‘u chini, Signorina, dammi il chinino!"
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L'ARTIGIANATO
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LA PUPA
Attualmente gli artigiani  producono quest'oggetto in terracotta e viene colorato in colori diversi, perciò viene chiamato anche 'pacchiana', infatti, riprende l'idea del costume tradizionale popolare albanese dei paesi delle zone interne della Basilicata o, come si racconta, per il fatto che le donne non avendo molte possibilità economiche, indossavano quando uscivano di casa tutto quello che avevano di nuovo.
Un tempo però questa 'bambola' veniva prodotta in caciocavallo, il formaggio tipico locale, che una volta indurito, era usato per imbandire le tavole nei giorni di festa (visto che il formaggio era un lusso una volta) o regalato alle bambine come gioco, o ancora, dato ai bambini in età di svezzamento, in modo che giocando potevano mangiare e assumere così calcio.
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IL TIMBRO PER IL PANE
Era prodotto in legno dai pastori e infatti è un esempio di arte pastorale: serviva per timbrare appunto il pane. Questo veniva impastato dalle massaie una volta a settimana e si realizzavano forme di cinque kg, che di mattina presto erano portate al fornaio del vicinato. Era necessario, quindi, distinguere in qualche modo il pane, per il fatto che quando era cotto bisognava riconoscere il proprio dagli altri.
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IL CUCCU'
Il cuccù ripropone il simbolo del gallinaceo, da sempre considerato il simbolo della fertilità , difatti si ritrova anche nelle tombe di bambini del IV sec. a.C. in Magna Grecia, come a Metaponto. La tradizione contadina ha poi rielaborato questo simbolo, elaborandolo, avendo valore sicuramente scaramantico, perciò lo si ritrova anche sulle canne fumarie.  In particolare il cuccù piccolo prodotto in terracotta dagli artigiani, veniva donato ai bambini appena nati o regalato nel giorno di pasquetta ai monelli..se si somportavano bene. Nelle forme più grandi di diversa forma e coloratissimo, invece, era il simbolo dell'amore verso la donna: più era grande il cuccù ricevuto, più doveva essere grande l'amore del futuro sposo; evidentemente quest' oggetto era il simbolo di un'unione felice, fertile e duratura per la coppia.
I manufatti in foto sono realizzati da 'Il Bottegaccio' di Daddiego.
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ALCUNI FILM GIRATI NEI RIONI SASSI
I Sassi di Matera sono uno scenario eccezionale, soprattutto per gli artisti, come i registi, che numerosi nel corso del tempo hanno scelto questi luoghi come location dei loro film, tra quelli più importanti e che hanno portato Matera ad essere conosciuta a livello internazionale si ricordano:
1953 La Lupa di Alberto Lattuarda
1962 Gli anni ruggenti di Luigi Zampa
1963 I Basilischi di Lina Wertmuller
1964 Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini
1975 L'albero di Guernica
1979 Cristo si è fermato ad Eboli di Francesco Rosi
1981 Tre Fratelli di Francesco Rosi
1985 King David di Bruce Beresford
1990 Il sole anche di notte dei fratelli Taviani
1995 L'uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore
1998 Del perduto amore di Michele Placido
2002 La passione di Cristo di Mel Gibson
2005 Il Rabdomante di Fabrizio Cattani
2006 The Omen, il presagio di John Moore
2006 The Nativity story di Chatherine Hardwicke